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L’oro blu

L’oro blu!

Un’estate come Dio comanda, calda, secca, luminosa…però l’inverno è stato avaro, niente neve, poca pioggia.
E così, in questo giugno caldissimo, siamo costretti a fare i conti con la carenza d’acqua, le strade polverose, i giardini ingialliti. E noi, gente del nord, abituati ad usare l’acqua con l’allegra incoscienza di chi non ne conosce il valore, scopriamo ad un tratto il significato profondo dell’espressione “oro blu”.
Il problema è di quelli da far tremare i polsi. Le risorse idriche negli ultimi trent’anni si sono ridotte del 40% e sta crescendo a dismisura il numero delle persone senza accesso all’acqua potabile.
Che fare? Forse prendere esempio dal Re Sole che, a detta del suo medico, in 64 anni si lavò una sola volta? Oppure diventare tutti vegetariani, visto che gran parte del consumo d’acqua è dovuto alla produzione di foraggio per i grandi allevamenti? Pare che un chilo di carne bovina costi al pianeta la stessa quantità di acqua che occorrerebbe ad un uomo per 365 giorni, come dire che tre hamburger valgono più o meno un anno della vita di un essere umano.
La sensazione, però, è che su questo tema non si riesca ad uscire dal finto dilemma che vede catastrofismo da una parte e irresponsabilità dall’altra, in un gioco ad esagerare o a minimizzare, che sembra fatto apposta per pacificare le coscienze.
E allora guardo la pancia di V., mia figlia, e penso a G., mio nipote. Lui naviga nel suo universo liquido che lo culla, lo nutre, lo protegge dagli urti, dai rumori troppo forti, dal caldo e dal freddo. L’acqua gli insegna a digerire, a respirare, a comunicare a sua madre la sua presenza fisica. Sempre qualcosa di liquido lo accompagnerà alla luce, togliendolo da quel nirvana che è il grembo materno.
Creature di terra ferma, dimentichiamo con troppa fretta che siamo nati nell’acquae che è stato l’ambiente acquatico ad ospitare la vita per moltissimo tempo. Che, in fondo, è da lì che veniamo.
Potere di un bimbo: sto attenta ad ogni goccia, abbrevio i tempi della doccia, rinuncio al giardino. O meglio, non rinuncio a nulla, perché bevo, mi lavo, innaffio i fiori con l’acqua che recupero, insomma vivo la mia vita normale con in più la consapevolezza che un pezzo del futuro del piccolo G. è nelle mie mani. Non un atto di generica responsabilità pubblica, ma un gesto personale, privatissimo, eppure molto appagante.
Un gesto che spero allontani l’incubo di un mondo simile a quello cantato da Francesco Guccini, in cui un vecchio e un bambino vanno per mano incontro alla sera alla ricerca di un tempo passato che l’insipienza dell’uomo ha reso irrimediabilmente perduto.
2017-09-07T10:42:54+00:00 Thursday, June 22nd, 2017|

La stanza di mia figlia…effetto farfalla!

La stanza di mia figlia…effetto farfalla!

Nonostante l’aiuto quotidiano di una preziosa collaboratrice, la stanza di M., la mia figlia adolescente, anche dopo brevi passaggi della sua inquilina, assume l’aspetto di un campo di battaglia. Dal pavimento al soffitto, tutto smette di avere la funzione per la quale è stato pensato: muri imbrattati, pavimento nascosto da scarpe, calzini, slip, indumenti vari e, non di rado, residui di cibi, cassetti aperti traboccanti di ogni ben di Dio, letto completamente occupato con tutto ciò che dovrebbe trovarsi negli armadi. Temperature torride d’inverno o gelide d’estate, senza compromessi, visto che la pompa di calore, in un senso o nell’altro, viaggia sempre a manetta.
Rimproveri, punizioni, promesse varie si alternano da 17 anni senza fortuna.
Secondo uno studio inglese, i cattivi odori e il disordine delle stanze sarebbero causa di insonnia, di scarsa concentrazione scolastica ed i ragazzi dovrebbero segure corsi di “igiene in camera da letto” per migliorare le proprie performance. Secondo altre scuole di pensiero, i figli disordinati sono persone sane perchè la confusione ha sempre un senso e il caos è intelligente.
La mia figliola dorme poco, ma è sveglia e brava a scuola.
Pertanto, non saprei in quale tribù inserirla, se in quella delle vittime del caos o in quella dei giovani tutto genio e sregolatezza.
Per quanto mi riguarda ho deciso di abbandonare il senso di impotenza e di sconfitta che un tempo mi assillava ogni volta che entravo in camera sua.
Da qualche mese osservo un rigoroso silenzio stampa ed evito ogni commento quando, in apnea, entro per aprire la finestra e far entrare un po’ d’ossigeno.
Ho deciso di venire a patti con le mie perplessità e affidare la mia sorte a Jung, padre della psicologia analitica: “Nel caos c’è il cosmo, in ogni disordine c’è un ordine segreto“.
Così provo a guardare il macello totale di quel luogo oscuro che è la camera di mia figlia come un fulgido esempio di distribuzione tattica degli oggetti, all’interno del quale lei si riconosce e si muove perfettamente a proprio agio.
Mi sforzo di associare la perfezione del caos alla crescita rigogliosa ed arruffata della sua mente, ne comprendo la diversità e mi arrendo alla serena illusione che la diversità è ricchezza.
Non si pensi a tutto ciò come ad una resa. Se non altro, il mio nuovo atteggiamento ha levato di mezzo uno dei tanti motivi che ci fanno litigare. 
Più in generale, però, penso che questo periodo passerà e che M., oggi crisalide, si trasformerà in una meravigliosa creatura.
Perciò ho smesso di minacciare di buttare tutto nel bidone della spazzatura e preferisco contrattare un premio se ogni tanto fa un po’ di pulizia.
Mi organizzo con cicliche operazioni di riordino in accordo con lei sui tempi e sui modi e, tra un ciclo e l’altro, mi dispongo all’indifferenza più assoluta.
Non è la cosa più facile del mondo, ma, tutto sommato, funziona!
2017-09-12T15:52:30+00:00 Wednesday, June 14th, 2017|

Omelette…

Omelette…

Una volta li chiamavano sarti. Poi, negli anni ’80, sono arrivati gli stilisti e nel giro di breve tempo sono diventati dei guru, veri maitre a penser capaci di sfornare non solo abiti sontuosi ma anche perle di saggezza.
Poi è stata la volta dei cuochi, che da bravi artigiani dei fornelli, si sono trasformati in ambasciatori del Made in Italy capaci di mescolare deliziose pietanze a fini dissertazioni intellettuali.
Diciamocelo francamente, ormai non se ne può più di elaborati impiattati che nascondono accostamenti improbabili, sapori troppo arditi per palati di noi comuni mortali.
Dopo estenuanti esperienze di piatti ai sapori di bosco, con tanto di muschi e licheni, o di manicaretti al pino mugo, che se devono sapere di legno, beh…allora sono riuscitissimi, s’alza spontaneo un grido: “Ridateci un piatto di spaghetti al pomodoro!”.
Ecco perchè, ogni tanto, inframmezzata a qualche spezzone di vita in famiglia, vi farò una piccola proposta gastronomica che vi aiuti a conciliare il poco tempo a disposizione con la creazione di semplici piatti capaci di assecondare i gusti dei nostri figli e dei nostri compagni. Il tutto all’insegna del territorio e dei prodotti di stagione.
Come questa omelette che vi consiglio caldamente…
Per 3 persone: 6 uova, 3 zucchine, 150 grammi di formaggio dolce a pasta morbida, sale e pepe q.b., erba cipollina, una noce di burro.
Tagliate a piccoli cubetti le zucchine, eliminando un pochino di semi, e saltatele in una padella in cui avrete sciolto la noce di burro, aggiungendo sale e pepe.
Intanto che le zucchine cuociono velocemente, sbattete le uova intere in una ciotola e tagliate a filetti il formaggio.
In un tegame piuttosto largo, sempre passato con un filo di burro, fate cuocere le uova lasciandole morbide.
Nel frattempo, unite alle zucchine ancora calde, ma fuori dal fuoco, il formaggio e, quando l’omelette sarà rappresa, distribuite al centro il composto di zucchine e formaggio.
Quindi chiudete i bordi dell’omelette dalla periferia al centro.
Tagliuzzate l’erba cipollina e distribuitela sopra l’omelette.
Servite con un piatto di misticanza.
Et voilà… un’omelette originale e sofisticata fatta in 5 minuti che con prosciutto e formaggio diventa anche una perfetta alternativa alla piadina!
Buon appetito!!!
2017-09-12T16:05:50+00:00 Thursday, June 1st, 2017|

La mia famiglia e…altri animali

La mia famiglia e…altri animali

Adoro gli animali. Mi piacciono tutti. Ho le zanzariere alle finestre fondamentalmente per non dover ammazzare le mosche con le quali, di tanto in tanto, sventolando un giornale, ingaggio epiche battaglie per convincerle ad uscire di casa.
Ho due cani, cinque gatti e tre conigli…quelli che si allevano per mangiare, non i conigli nani.
Mi sono stati regalati di recente e sono diventati un impegno quotidiano.
Alle 7,30 preparo loro una sontuosa colazione con finocchio, insalatina, radicchio, sedano, cicoria, erba di campo…perchè i conigli, badate bene, sono vegetariani, ma soprattutto erbivori!
Ho convinto mio fratello A., che in realtà non condivide la mia passione, ma semplicemente mi vuole bene, a costruire un’enorme gabbia. Non pienamente soddisfatta, in tre giorni di durissima fatica, ho applicato alla struttura in acciaio una rete metallica ricavandone un serraglio di notevoli dimensioni, all’interno del quale le tre bestiole possono allegramente scorrazzare.
Quando, in una giornata di sole, ho aperto l’ombrellone per evitare improvvisi colpi di calore al terzetto, mio marito ha telefonato alla nostra figlia maggiore per dirle che era seriamente preoccupato. Ma il mio compagno in fondo è un brav’uomo.
Qualche giorno dopo, infatti, mentre ero al lavoro, sentendo le urla disperate della badante di mia suocera, con la quale condivido un ampio giardino, è accorso prontamente, scoprendo così che Martina e Carlotta (due delle tre coniglie) si erano date alla fuga e si aggiravano curiose nel cortile di casa. La prima ad accorgersi della fuga, in realtà, è stata mia suocera che, alla vista di un esserino bianco e nero che passeggiava nei dintorni, ha esclamato soave: “Guarda che bel cane c’è nel nostro cortile!”.
La cattura dei due fuggiaschi non è stata semplicissma. La badante, dopo innumerevoli tentativi portati avanti con la tecnica del tuffo sul coniglio, andati tutti a vuoto, ha cambiato strategia costringendo mio marito a presidiare il passaggio verso il quale lei cercava di indirizzare i due animali.
A rendere ancora più frustrante la situazione ci si è messa pure mia figlia minore che, dalla finestra, guardando i due poveretti sudare le proverbiali 7 camicie, diceva: “Tanto non ce la farete mai. Chiamate la mamma!”.
Alla fine i due fuggitivi hanno desistito dal loro insano proposito e si sono lasciati catturare.
Il tutto ha comportato un ulteriore aggravio di lavoro, perchè nei giorni successivi ho dovuto rinforzare il serraglio con un nuovo giro di rete metallica.
Queste e altre fatiche mi pesano poco.
Quando al mattino entro a casa loro a portare il cibo e loro mi corrono incontro mordicchiandomi le pantofole e lasciandosi accarezzare senza timore, mi sento bene e affronto meglio le fatiche quotidiane.
2017-09-12T16:03:24+00:00 Tuesday, May 23rd, 2017|

Quando mio fratello si è tolto le scarpe per…ballare!

Quando mio fratello si è tolto le scarpe per…ballare!

Mia figlia avrà un figlio. Si chiamerà G., come suo nonno, una bella persona mancata all’improvviso.
Bisogna festeggiare. Prepariamo la festa.
Ho 5 fratelli, con relative famiglie. La tribù, in senso stretto, conta 35 (trentacinque!!) elementi.
Predispongo mentalmente la disposizione dei tavoli, prenoto il Karaoke e penso al menù.
La mia è una famiglia di origini contadine: si mangia molto, molto presto, in fretta, badando più alla sostanza che ai fronzoli. Invece nella mia mente, frullano “finger food” multicolori, qualche assaggio esotico e pietanze elaborate.
Poi immagino le facce dei miei fratelli di fronte a queste improbabili proposte e cerco una mediazione: confermo finger food ma li abbino a qualche piatto tradizionale che non incontri strenua opposizione.
La cucina mi rilassa, mi consente di lavorare senza impegnare troppo la mente. Ma il panico, quando si avvicina il giorno della festa, mi assale.
Ci siamo. I tavoli sono preparati. Sono riuscita a dare un posto a sedere a ciascuno degli invitati, bambini compresi. Sul tavolo degli antipasti, capeggiano i miei piccoli bocconcini colorati.
Sembrano un immenso esercito di soldatini disposti in ordinate file in attesa di essere sterminati.
Io sono stremata dalla fatica, in cucina mi piace lavorare da sola, e sono attanagliata dal terrore che l’abbandono della porchetta a favore di una seppure contenuta innovazione, possa provocare una rivolta dei gladiatori.
Arrivano, puntuali come sempre e affamati come lupi. Il tentativo di dare ordine alle operazioni e alla distribuzione del cibo viene in pochi minuti travolto dall’assalto alle portate.
Con mio immenso sollievo, sembra che la cosa funzioni. Le critiche che mi aspettavo non arrivano e sebbene i complimenti siano pochi, perchè sono del tutto estranei al temperamento ed alla natura dei miei familiari, i piccoli contenitori del cibo proposto vengono sistematicamente svuotati.
La musica d’accompagnamento ad un certo punto si eleva di volume e prende il sopravvento. Gli orsi cominciano ad ancheggiare e qualcuno persino a cantare. Il Karaoke era un altro rischio. Ma quando uno dei miei fratelli, forse quello più introverso, sulle note di “You never can tell” (in onore di John Travolta e del suo ballo in Pulp Fiction), si toglie le scarpe e dà vita ad un twist scatenato con la mia figliuola incinta, finalmente l’ansia si scioglie.
La consapevolezza che li amo tutti, uno per uno e che loro amano me, m’invade e mi rende felice.
2017-09-12T16:13:58+00:00 Monday, May 15th, 2017|

Sono le 7 e tutto va bene

Sono le 7 e tutto va bene

Oggi inizio a scrivere e a raccontarvi di me.
Il modo più semplice per iniziare è…cominciare dal mattino.
Mio marito M. alle 7 meno un quarto si alza, accende la stufetta elettrica del bagno (anche d’estate, giusto per non perdere l’abitudine), mi dà l’Eutirox e accende la macchina del caffè.
Alle 7,00 inizia a chiamare M., la mia figlia minore, scandendo il passare dei minuti come quei personaggi che si vedono nei film in costume aggirarsi nelle buie vie della città con una lampada in mano: “Sono le 7 e tutto va bene!”.
Alle 7,07 lei si alza e, prima ancora di accendere la luce, chiede al pover’uomo e in malo modo, un paio di calze nere.
Sembra una maledizione, ma nonostante gli acquisti massicci di calzette rigorosamente nere e corte, nel cesto compaiono solo calze spaiate, spesso bianche, quasi sempre lunghe. Credo non sia una leggenda metropolitana quella che dice che le lavatrici non solo mangiano le calze ma le trasformano nella dimensione e nel colore.
Alle 7,10 inizia un’accurata azione di restauro della giovane rampolla.
Alle 7,20 si verifica il prodigio. Un essere entrato in bagno con gli occhi pesti e i capelli scarmigliati, esce vestita di tutto punto, con trucco e parrucco impeccabili e scia profumata.
D’altra parte, mia figlia ha sempre sostenuto che, nel caso sia destino che debba incontrare l’uomo della sua vita, non importa se in un pullman pieno zeppo di individui male in arnese, lei deve farsi trovare pronta.
Il bagno, in compenso, in pochi minuti è stato devastato e ridotto ad un campo di battaglia: in terra slip, fazzoletti, pigiama e vari capi di abbigliamento ritenuti inidonei. Cipria, terra e fard in varia concentrazione sparsi per i quattro angoli del locale. Temperatura torrida. Profumo…
7,22, ultimo avviso accorato del padre. Io che la rincorro col caffè e lei, 30 secondi prima dell’arrivo del pullman, esce con un grugnito in risposta al nostro “Ciao amore, buona giornata!”.
Per i successivi 5 minuti, sconvolti e con le chiavi dell’auto in mano, io e il mio uomo aspettiamo trepidanti la telefonata che ci comunicherà che la ragazza ha perso il pullman e che quindi dovremo vestirci in fretta per accompagnarla a scuola in macchina.
A suo merito, devo dire che l’infausto presagio non si è mai concretizzato e quindi la giornata… può finalmente cominciare.

2017-09-15T09:27:26+00:00 Thursday, May 4th, 2017|
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