About VirginiaMagnelli

This author has not yet filled in any details.
So far VirginiaMagnelli has created 16 blog entries.

Lycopersicon esculentum (il pomodoro)

Lycopersicon esculentum (il pomodoro)

Nativo della zona compresa tra l’attuale Messico e il Perù, a lungo oggetto di contesa tra i botanici che lo definiscono frutto e i cultori della cucina che ne parlano come di una verdura, il pomodoro arriva in Italia nel 1500 al seguito dei conquistadores spagnoli.

Solo più tardi però, trovando condizioni climatiche favorevoli ed innesti ad hoc nel sud del nostro paese, vira il suo colore dall’originario giallo dorato al rosso acceso, diventando insieme alla pasta e al basilico un’icona dell’Italia, come la sua bandiera di cui ripete casualmente i colori. Vessillo del gusto e del benessere, il pomodoro, con l’olio extravergine e la pasta, la fa da padrone nella dieta mediterranea, riconosciuta come modello mondiale di nutrizione a cui ispirarsi.

Tra i produttori mondiali di questo frutto, l’Italia se la gioca con la California e l’onnipresente Cina con un giro d’affari enorme che, se si ragiona solo in termini di profitto, spesso origina filiere viziate da cui emergono spregevoli pratiche, che vanno dallo sfruttamento della forza lavoro alla distruzione dei piccoli e onesti produttori schiacciati da logiche aberranti, al depauperamento dei terreni a seguito dell’uso massiccio di prodotti chimici.

Però, con la dovuta attenzione, non è difficile procurarsi pomodori “buoni, puliti e giusti”. Io per esempio, quest’anno, anche per garantire una sana alimentazione al bimbo che nascerà, ho comprato solo pomodori biologici e a prezzi accettabili. Con mia figlia più grande (con il suo pancione) e mia sorella (la nottambula) abbiamo preparato, come facevano i nostri “vecchi”, innumerevoli vasi di pelati, correttamente sterilizzati, che dovrebbero riuscire a soddisfare il fabbisogno famigliare per un inverno intero. Questa attività ci ha viste impegnate per diversi pomeriggi e serate giù in cantina, dove tra pentole in ebollizione, zampironi accesi per difenderci dalle zanzare e pezzi di pomodoro ovunque, ci siamo anche fatte tante chiacchiere e belle risate.

Quando invece la stagione offre pomodori freschi, usiamoli per un buon piatto di spaghetti. Io li preparo così: per 4 persone uso circa 1 chilo di pomodori che sbollento per pochi secondi in modo da togliere facilmente la pelle. Io adoro i San Marzano, ma voi potete usare la varietà che preferite. Faccio soffriggere dolcemente in olio extravergine mezza cipolla, uno spicchio d’aglio e qualche foglia di basilico. Aggiungo un peperoncino (a me piace) e salto velocemente. Intanto che la pasta cuoce, dopo aver tolto l’aglio, aggiungo i pomodori a filetti. La pasta, una volta unita al sugo, va saltata per un paio di minuti a fuoco vivace. Per essere un po’ fighi, potete arrotolare con una forchetta gli spaghetti in un mestolo, impiattarli con un po’ di sugo sopra e una foglia di basilico. Spolverata di parmigiano a piacere.

E’ un piatto molto versatile. Per cui a fine cottura potete guarnire con olive taggiasche, una dadolata di mozzarella o le due cose insieme. Osate pure con quello che vi piace.

2017-10-10T10:01:49+00:00 Wednesday, September 20th, 2017|

Il vino non fa buon sangue…nei bambini

Il vino non fa buon sangue…nei bambini

L’OMS sostiene che i giovani fino ai 15 anni non devono consumare alcool perché non riescono a metabolizzarlo.

Peccato che il 17% dei ricoveri in pronto soccorso, causati da alcool, riguardano minori di 14 anni, alla faccia della legge che vieta la somministrazione e la vendita di sostanze alcoliche ai minori di 18. E se è vero che quelle che sono state per molte tempo definite le stragi del sabato sera (che spesso hanno visto coinvolti giovanissimi conducenti annebbiati dall’eccessivo consumo di alcol) sono andate diminuendo come numero complessivo di vittime negli ultimi 5 anni, è altrettanto vero che il “binge drinking” (bere molto in poco tempo) è una pratica in aumento tra i giovani e i giovanissimi con conseguenze drammatiche nelle “16 ore maledette” che vanno dalle 22 alle 6 del venerdì e dalle 22 alle 6 del sabato. E quindi, se leggi più severi, maggior controllo da parte delle forze dell’ordine, etilometri, ritiro della patente, sequestro del mezzo e qualche spot pubblicitario hanno ridimensionato la conta delle vittime degli incidenti causati dall’abuso alcolico, questo rimane comunque una piaga.

Gli psicologi che si occupano di giovani sostengono che le motivazioni vadano ricercate nel desiderio di diventare grandi alla svelta, di differenziarsi dagli adulti, di sperimentare emozioni forti per il gusto della trasgressione e sentirsi appartenenti al gruppo. L’importante è bere alcolici di alta gradazione in grande quantità per arrivare presto allo sballo.

Difficile esprimersi sul modo di affrontare questo problema.

Per quanto mi riguarda, credo che sia necessario un dialogo continuo e nello stesso tempo una costante azione di monitoraggio.

Occorre, secondo il mio modestissimo parere, accettare qualche sconfitta, ma non abbassare mai la guardia.

Al ritorno dalle notti “brave” ho sempre controllato gli occhi di mia figlia. Ho annusato il suo alito e, sconfitta, ho scoperto che fuma. Ho cercato segnali di uso di sostanze, fortunatamente non trovandoli. Ho in casa l’etilometro, che finora ho adoperato come deterrente. E ho fatto mio e mi porto nel cuore, non senza un po’ di angoscia, lo slogan “Meglio un figlio senza una patente, che una patente senza figlio”.

Spero in una buona dose di fortuna e conto sul senso di responsabilità che questa giovane donna finora ha dimostrato di possedere.

2017-09-12T16:20:23+00:00 Thursday, September 7th, 2017|

Mari e monti

Mari e monti…

Giganti di pietra che ti dominano infondendo pace e non paura.

Montagne grigie di giorno e rosa intenso al tramonto.

Boschi, prati e valli spettacolari con marmotte sentinella che fischiano per avvisare le compagne della presenza umana.

Masi accoglienti con buoni piatti tipici.

Ogni paesaggio, ogni percorso una sorpresa e una gioia.

“Tu sei matta, non ci penso neanche! Vacci tu in montagna. Dopo le 10 di sera sono tutti a letto. E’ una noia mortale”.

Questa è la reazione di mia figlia M. al mio patetico tentativo di portarla con me qualche giorno non all’inferno, ma sulle Dolomiti, patrimonio dell’umanità Unesco, montagne tra le più belle del mondo.

Mi prende un po’ di smarrimento.

Tento una difesa, ma poi mi viene in mente che alla sua età, con poche risorse economiche, le magre vacanze che potevo permettermi erano all’insegna del sole, dell’acqua e, soprattutto, della confusione.

Più il mondo era affollato, più ci stavo bene. L’idea di passare qualche giorno in montagna e in particolare d’estate, non mi passava nell’anticamera del cervello. Troppo silenzio, troppi sentieri, troppa fatica, troppo ossigeno. Insomma, tutto troppo.

Oggi al contrario è l’idea della spiaggia che mi inorridisce con tutta quella gente, l’odore di olio solare e di sudore, le borse frigo sotto l’ombrellone, i bambini che urlano e i palloni che fischiano a pochi centimetri dalla testa.

Sono davvero diventata così vecchia o semplicemente con l’età cambiano le prospettive, le esigenze, i bisogni. Probabilmente oggi il mio posto è in montagna, il suo al mare.

2017-09-15T09:31:06+00:00 Tuesday, August 29th, 2017|

Questa casa non è un albergo!

Questa casa non è un albergo!

Ogni tanto il pensiero di mia madre torna prepotentemente alla mia mente, evocato da un ricordo o da un’immagine che me la rammenta. Mi assale all’improvviso come un vuoto nello stomaco che tristemente si dilata.
Presenza costante quella di mia madre, a volte pesantissima, ma sempre indispensabile, tant’è che fino alla sua morte non ho trascorso un giorno senza farle visita o senza telefonare.
Però oggi non voglio parlare di lei, in primo luogo perché il ricordo di una persona amatissima che se ne è andata deve rimanere un fatto privato e poi perché in questi frangenti è alto il rischio di cadere nel patetico, cosa che non mi si addice e che soprattutto mia madre non merita.

Voglio invece parlare di me, della mia difficoltà ad essere madre e degli errori che ripeto con ammirevole costanza ogni volta che mi accorgo di dire le stesse cose che mia madre rimproverava a me.  Massime lapidarie come “Questa casa non è un albergo!” oppure, sempre per rimanere saldamente fedeli all’ovvio, “Con tutto quello che faccio per te, così mi ripaghi?” sono ritornelli transitati, come una preziosa eredità, dal bagaglio sapienziale di mia madre a quello altrettanto ferreo di sua figlia.

Non mi resta che ricorrere al solito studio, della solita università americana che stavolta sostiene che i figli adolescenti, quando i genitori li riprendono, spengono letteralmente il cervello (pare proprio che vengano bloccati dei neurotrasmettitori). Se così fosse, si spiegherebbe perfettamente perché il 100% dei rimproveri materni, a dispetto della legge dei grandi numeri, finisca sempre con il medesimo risultato e cioè abbia un effetto praticamente nullo.
Questo suggerirebbe di smetterla con le ramanzine e le minacce. Ma la cosa non è così facile, almeno per quanto mi riguarda, e l’incrollabile fiducia nel potere delle parole di buon senso finisce per consigliarmi la caparbia riproposizione delle buone abitudini tramandate dai miei genitori.
Qualcuno dirà che tutto ciò, oltre che sbagliato, è soprattutto inutile. Sarà, ma io continuo a credere nel valore formativo dell’errore, soprattutto quando è sorretto dalla forza tranquilla e potentissima del sentimento.
Le mie figlie sono una priorità e io le adoro. Quello che mi auguro, nonostante tutti i miei errori, è di essere riuscita a trasmettere loro la capacità di crescere in autonomia, di allontanarsi dai propri genitori con serenità e di costruirsi una famiglia unita nella consapevolezza che io e il loro padre rappresentiamo comunque e sempre un porto sicuro dove trovare riparo quando il mare è agitato.
2017-09-15T09:30:40+00:00 Friday, August 11th, 2017|

Mangiare con gusto e …buonsenso!

Mangiare con gusto e …buonsenso!

Educazione alimentare e attività fisica sono le basi fondamentali per una vita sana. Probabilmente suona banale, ma in realtà la cosa è meno ovvia di quanto appaia.
Occorre fare attenzione a non confondere l’educazione alimentare con la dieta. In particolare con la dieta del limone, del carciofo, del minestrone, la dieta dissociata, quella del digiuno alternato e pesino quella degli occhiali blu (esiste davvero, non è uno scherzo!).
Le diete “fai da te“, trovate sul web sono quelle più seguite dai giovani e giovanissimi che, attratti da modelli che spopolano sulle riviste, pensano di poter perdere impunemente chili seguendo improbabili percorsi dietetici senza consultare un medico o uno specialista. Tanto che, spesso, il mancato raggiungimento del risultato sperato sortisce l’effetto contrario, per cui il malcapitato finisce per rifugiarsi nel cibo e invece di perdere peso, ne acquista.
Eppure basterebbe dare un’occhiata alle regole dettate dall’OMS con la piramide alimentare per accorgersi che non esistono diete assolute.
Tutto ciò che è commestibile si può mangiare, purché nel quotidiano si dia la precedenza a certi alimenti, limitando il consumo di altri.
Niente assurde proibizioni, niente selezioni drastiche e frustranti.
Giusto un po’ di equilibrio e di buon senso.
Questo è fare educazione alimentare che, tra l’altro, dovrebbe essere insegnata fin dalla scuola dell’infanzia.
La dieta è tutta un’altra cosa e, quando se ne manifesta la necessità, bisogna ricorrere ad uno specialista in materia.
La mia ricetta di oggi (per 4 persone).
Soffriggete in un cucchiaio di olio un etto e mezzo di guanciale tagliato a listarelle con uno spicchio d’aglio. Sale e pepe quanto basta. Aggiungete 3 funghi porcini freschi o una manciata di porcini secchi precedentemente ammollati. Poco prima di condire la pasta, aggiungete filetti di tonno sottolio o, se preferite, tonno fresco.
Come formato di pasta io uso gli spaghetti!
Buon appetito!
2017-09-12T15:55:55+00:00 Friday, August 4th, 2017|

Adolescenti nel “pallone”…

Adolescenti nel “pallone”…

Da quinta di sei fratelli, ho curato e cresciuto mia sorella più giovane di 5 anni sostituendo per diverse ore mia madre quando era al lavoro. Non so se ho ben eseguito il mio compito di allora, ma non c’è dubbio che a distanza di tanti anni il rapporto che si è creato a quel tempo continui ad essere molto forte e ci consenta di condividere, ancora oggi, le gioie e i problemi quotidiani.
Una cosa però ci divide: la passione per il calcio. Lei lo ama, io lo odio.
Suo figlio, che è un maschio quindicenne, come la maggiore parte dei suoi coetanei, concepisce l’idea di fare sport solo correndo dietro ad una sfera. Ha cominciato da piccolo ed essendo fisicamente molto dotato, ha raggiunto rapidamente la possibilità di giocare in una squadra giovanile importante.
A. ha iniziato così una vita di sacrificio: un centinaio di km al giorno in treno per 3 volte la settimana, allenamenti di sostanza, la partita alla domenica, spesso molto lontano da casa. Con qualche spiacevole conseguenza: la scuola non è più la priorità ed i risultati ne risentono. Ma lui è contento, si diverte, vive il calcio come un gioco, come una grande occasione per socializzare e nello stesso tempo, come un impegno da onorare.
Ben presto però cominciano i problemi: qualche difficoltà di relazione con il mister che lo rimprovera con implacabile costanza, la sensazione che gli errori compiuti in campo sovrastino in numero e gravità le magre soddisfazioni che si portano a casa, un’autostima, peraltro già scarsa negli adolescenti, che finisce sotto le scarpette da pallone.
Seguo, seppure da lontano, questa parabola e la mia poca considerazione delle virtù del mondo calcistico mi suggerisce qualche riflessione: A. non sarà un campione ma convocarlo e non farlo mai giocare assomiglia, a mio parere, a pura cattiveria.
Intanto lui è sempre più svogliato. Continua a non andare bene a scuola e per di più vuole smettere di giocare. E così mia sorella, che probabilmente all’inizio pensava di avere un Totti in casa, decide di prendere in mano la situazione. Non fa polemiche (tristi le madri che si mettono a questionare sulle presunte incapacità del mister di comprendere le straordinarie doti della propria discendenza!) e si attiva per trovare un modo per riportare mio nipote a giocare in una squadra, magari meno blasonata, ma più vicina a casa. E, in men che non si dica, lui riprende a giocare con passione, migliora la performance scolastica e si fa anche una morosa.
Ora, forse mio nipote non ha il talento necessario per giocare in seria A. Ma questo vale per lui come per migliaia di giovani nostri connazionali. Dunque, non è questo il problema. Semmai lo è il fatto che, come spesso succede, il mondo dello sport (quindi non solo il calcio), nella spasmodica, per quanto legittima, ricerca del fenomeno da lanciare nell’empireo, finisca per “aiutare” un sacco di ragazzi ad abbandonare l’attività sportiva.
Alla faccia della “mens sana in corpore sano“. Tutti sappiamo che l’attività sportiva dovrebbe essere sostenuta e motivata anche perché, iniziata nell’adolescenza, previene l’obesità, la sindrome metabolica, le malattie cardiovascolari, vere piaghe dell’età adulta.
Su tanti giornali sportivi si sottolinea come il calo più marcato dell’adesione allo sport si verifichi proprio nell’età adolescenziale. La spiegazione che viene data di questo fenomeno viene spesso legata alla delusione prodotta da aspettative troppo elevate nei ragazzi e soprattutto nei loro genitori. E probabilmente, almeno in parte, le cose stanno così.
Ma questa storia che la colpa di tutti i mali del mondo sia alternativamente o della famiglia o della scuola, appare francamente assolutoria delle responsabilità che si annidano anche altrove.
Per esempio, siamo proprio sicuri che non sia lo stesso sport e le assurde regole di selezione che lo governano a causare il precoce abbandono dell’attività fisica da parte dei ragazzini e ad incoraggiare un quattordicenne deluso e sconfitto a preferire il divano e ore e ore di videogiochi e playstation? Se è vero che l’attività sportiva rappresenta la forma migliore di prevenzione delle malattie del nostro tempo, chi si occupa di sport giovanile dovrebbe farsi qualche domanda.
Dunque mister, allena pure duramente, levagli dalla testa tutte le facili illusioni che si è costruito persino con la complicità di mamma e papà, ma premettigli di esprimere il meglio di sé, dando senso non solo al suo limite ma anche al suo valore. Comportati da educatore, oltre che da tecnico, e prova a far scaturire da ognuno dei tuoi ragazzi il loro talento.
Non diventerà un campione? Non ha importanza. Sforzati di realizzarlo. E anche se il sogno che si porta nel cuore è sproporzionato alle sue reali possibilità, fa in modo che questo sogno continui a sostenere la sua voglia di giocare e mettersi in gioco. 
2017-09-12T15:52:07+00:00 Monday, July 31st, 2017|

Con la cultura non si mangia?

Con la cultura non si mangia?

Si parte.
Vacanze anche per noi genitori senza figli. L’occasione è un compleanno che festeggiamo regalandoci un pranzo da un cuoco stellato che non ci delude.
Siccome siamo vicini a Padova, decidiamo di concederci anche un po’ di cibo per la mente: la Cappella degli Scrovegni è una tappa obbligatoria.
Ci affidiamo a “Waze” e parcheggiamo giusto nei pressi del complesso museale.
Vicini sì, ma non abbastanza da imbroccare l’ingresso al primo colpo.
Cerchiamo fiduciosi un cartello che ci guidi. Niente da fare. Vaghiamo apparentemente senza meta e siamo notati da una passante, probabilmente abituata a forestieri in preda allo sconforto. Con gentile sollecitudine ci mostra una direzione e un cancello, ma il suo gradito soccorso non è sufficiente a portare a casa il risultato.
Entriamo in un parco pubblico e due addetti ci avvisano che da lì la Cappella si può vedere, ma solo da fuori e che l’ingresso è dall’altra parte.
40 gradi. Vien voglia di tornare in macchina con l’aria condizionata a manetta.
Ma non possiamo mollare.
Vediamo una serie di frecce che indicano supermercati, alberghi, pizzerie e, perché no, anche una clinica veterinaria.
Capiamo perfettamente gli stranieri che vengono da noi per godere degli immensi giacimenti culturali del nostro Paese e si lamentano della prodigiosa inefficienza con cui gestiamo il nostro patrimonio.
Poi, quasi per caso, compare l’ingresso del museo civico e della cappella. E nella straordinaria bellezza del ciclo pittorico più famoso del mondo, insieme ad una moltitudine di persone che arrivano da ogni parte del pianeta, ci godiamo estasiati il capolavoro di Giotto.
Il problema della segnaletica rimane, ma è un peccato veniale se rapportato alle meraviglie di cui è pieno il nostro sciagurato Paese.
2017-09-07T10:49:24+00:00 Friday, July 21st, 2017|

Un’estate al mare!

Un’estate al mare!

M. sta partendo per Gallipoli.
E’ la sua prima vacanza da sola con le amiche.
Con il cuore in tumulto ed il senso del tragico come fedele compagno, mi figuro scenari di droga, alcool, sesso non protetto (non facciamo finta che non sia l’età giusta).
Lei, invece, è raggiante: potrà decidere di non dormire, di non mangiare o mangiare schifezze.
Niente controlli, nessun limite.
Ho fatto male a lasciarla partire! Ma oramai è troppo tardi e allora con mio marito comincio a ragionare: meglio una località turistica che una città, la amiche con cui va sono brave ragazze, lei stessa è una brava ragazza. Insomma, il consueto training autogeno.
Poi, con calma, emerge qualche pensiero più meditato e meno condizionato dall’ansia. Credo infatti che il modello educativo che le abbiamo fornito e che finora ha funzionato piuttosto bene se lo porti dietro anche in vacanza.
Certo, il fatto che sia femmina la rende più a rischio per quanto riguarda i comportamenti altrui, ma questo non è un buon motivo per discriminare. Semmai dovrà stare più attenta.
Alla fine mi convinco che se si sente pronta ad andare saprà cavarsela. Si porterà in testa le nostre raccomandazioni, nel cuore un po’ d’ansia, in valigia una scatola di profilattici che le ho fornito suscitando in lei un misto di imbarazzo e di compiacimento. Avrò in cambio almeno una telefonata al giorno, qualche messaggio, una serie di foto scattate all’alba.
Intanto, non è poco che, appena partita, abbia fatto un gruppo di Whatsapp che comprende madri e figlie. Il che lascia pensare che, a dispetto delle interferenze talvolta mal sopportate, la nostra presenza sia considerata comunque essenziale.
E ripenso ad una frase pronunciata da V. quando è partita per l’Erasmus: “Se vado via senza problemi è perché so di poter sempre tornare.
Mi predispongo al ritorno di M. e in cuor mio le auguro una vacanza indimenticabile!
2017-09-12T15:40:06+00:00 Thursday, July 13th, 2017|

E oggi parliamo di riti

E oggi parliamo di riti.

L’ho già detto. Vengo da una famiglia contadina, dove il pasto era l’unica cosa sacra in una famiglia di persone poco inclini agli atti di fede.
Davanti a una distesa di gnocchi fumanti, anche un numero elevato di partecipanti con esigenze diverse e una buona dose di aggressività si acquietava e la distribuzione del cibo, compito esclusivo di mia madre, diventava una atto pacificatore, capace di creare un legame che il passare del tempo non ha consumato.
Non voglio parlare di cibo. E’ un argomento troppo inflazionato.
Voglio invece parlare di riti e di come essi siano essenziali per rendere più solide le relazioni.
Il pranzo e la cena, ad esempio, sono riti laici a cui ho dedicato un sacco di attenzioni. Persino facendo scelte lavorative che mi rendessero possibile mettere a tavola compagno e figlie ogni santo giorno.
Credo che far apprezzare il cibo e mettere in scena quel semplice e quotidiano cerimoniale curando colori, profumi, disposizione degli alimenti e preparazione della tavola, possa realizzare piccoli autentici miracoli, come ad esempio convincere i miei ragazzi, che si sono appena seduti a tavola, a ritardare il momento in cui mi chiedono se possono alzarsi.
M. ha 17 anni e ben altro da fare che frequentare i propri genitori o scambiare con essi opinioni di qualunque genere, ma se il cibo è di suo gusto le strappo un sorriso e per un po’ di tempo il telefono, quasi per magia, sparisce.
La mia ricetta di oggi: una pasta corta con le melanzane.
Soffriggo uno spicchio di aglio in olio, aggiungo i pomodori e cuocio per 10 minuti. Nel frattempo taglio a dadini una bella melanzana fresca e senza semi la friggo in una padella antiaderente con pochissimo olio (la melanzana se lo beve se ne metti tanto). Aggiungo al sugo una manciata di funghi porcini secchi, precedentemente ammollati in acqua tiepida. Tolgo i dadini di melanzana croccanti e li unisco al sugo, insieme a 2 cucchiai di pinoli precedentemente tostati e a qualche foglia di basilico fresco. Un po’ di sale e un po’ di pepe. Condisco la pasta con una ricca spolverata di ricotta secca oppure di parmigiano, che personalmente preferisco.
Certo, collegare una pasta corta e una melanzana al concetto di rito può sembrare azzardato. Ma se una zucca può diventare una carrozza, nella mia mente, un piatto ben riuscito, può riuscire a creare un momento magico nella mia famiglia.
2017-09-07T10:44:06+00:00 Thursday, July 6th, 2017|

Animali notturni

Animali notturni

Da quando mia figlia M. ha raggiunto l’età per uscire la sera, sono tante le notti che passo insonne in attesa del suo rientro, chiedendomi se è davvero giusto concedere tanta libertà.
E vatti a fidare del parere degli esperti in materia!
Ti può capitare di leggere il report di uno studio uscito dalla Columbia University di New York in cui si sostiene che gli adolescenti che fanno tardi la sera corrono un rischio maggiore di cadere in depressione e di concepire pensieri improntati all’autolesionismo.
Davvero un ottimo corroborante per chi ospita in casa una quasi diciottenne che, ben che vada, si corica non prima delle due! Poi, sempre nello stesso illuminato studio, leggi che l’ora consigliata per mandare a nanna la propria discendenza è le 22! A questo punto capisci che chi ha condotto lo studio non ha figli e probabilmente non è mai stato adolescente, perché troppo occupato a fare ricerche sugli altri giovani.
Poi, l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, ti solleva un po’ il morale perché, nei suoi studi, altrettanto autorevoli di quelli newyorkesi, sostiene esattamente il contrario e cioè che i nottambuli tendono ad essere più creativi dei dormiglioni.
In realtà c’è sempre qualcosa di eccessivo in tutte queste generalizzazioni e cercare una legge universale su questo come su altri temi che riguardano aspetti così particolari, sembra totalmente illusorio.
Il termine “notte” deriva dal sanscrito “nac“, che vuol dire “tempo nel quale sparisce la luce“.
Lei, mia figlia, di notte si accende e come una falena inizia a volare. Ora che è estate e la scuola è finita, durante il giorno sonnecchia fino a quando il cielo non scurisce. Poi si anima in attesa della parte piacevole della sua vita ed iniziano i problemi per la mia. Trova amici a cui aggregarsi dal lunedì alla domenica e va scarrozzata a destra e sinistra ai più improbabili orari.
A pensarci bene, però, dev’essere un difetto della mia famiglia. L’altra ma figlia, completamente diversa caratterialmente, alla sua età, aveva orari notturni assurdi. Alla mia domanda perchè facesse così tardi, la risposta era sempre la stessa: “Qual è il problema? Se devo fare una sciocchezza, posso farla anche di giorno!”
E poi c’è la storia di mia sorella. Di qualche anno più giovane di me, è stato il vero animale notturno della mia famiglia: tra i 16 e i 30 anni ha vissuto ogni notte come se fosse l’ultima. Capace di decidere di partire per un caffè al mare (noi siamo gente di pianura), come di rimanere a chiacchierare ore ed ore sotto casa con un’amica. Eppure, oggi è un’adulta equilibrata, che non si fa abbattere dai sentimenti negativi e sa godere delle cose positive. E’ solare, generosa, disponibile, sincera senza pudore. Insomma, una bella persona.
E allora, anche se di notte ogni minuto di ritardo pesa come un macigno, quando M. rientra, serena come non è mai di giorno ed in pieno possesso delle sue facoltà mentali, mi chiedo se non siamo tutti un po’ diversi.
Così penso con Ovidio che “la notte dissimula i difetti ed è indulgente con tutte le imperfezioni” e poi con Jovanotti che “la notte fa il suo gioco e serve a quello, a far sembrare tutto, tutto un po’ più bello!”.
In altre parole, mi consolo con l’idea che la notte sia più accogliente del giorno, meno frenetica e forse anche più democratica.
2017-09-07T10:43:05+00:00 Monday, July 3rd, 2017|
Load More Posts