Con la cultura non si mangia?
Si parte.
Vacanze anche per noi genitori senza figli. L’occasione è un compleanno che festeggiamo regalandoci un pranzo da un cuoco stellato che non ci delude.
Siccome siamo vicini a Padova, decidiamo di concederci anche un po’ di cibo per la mente: la Cappella degli Scrovegni è una tappa obbligatoria.
Ci affidiamo a “Waze” e parcheggiamo giusto nei pressi del complesso museale.
Vicini sì, ma non abbastanza da imbroccare l’ingresso al primo colpo.
Cerchiamo fiduciosi un cartello che ci guidi. Niente da fare. Vaghiamo apparentemente senza meta e siamo notati da una passante, probabilmente abituata a forestieri in preda allo sconforto. Con gentile sollecitudine ci mostra una direzione e un cancello, ma il suo gradito soccorso non è sufficiente a portare a casa il risultato.
Entriamo in un parco pubblico e due addetti ci avvisano che da lì la Cappella si può vedere, ma solo da fuori e che l’ingresso è dall’altra parte.
40 gradi. Vien voglia di tornare in macchina con l’aria condizionata a manetta.
Ma non possiamo mollare.
Vediamo una serie di frecce che indicano supermercati, alberghi, pizzerie e, perché no, anche una clinica veterinaria.
Capiamo perfettamente gli stranieri che vengono da noi per godere degli immensi giacimenti culturali del nostro Paese e si lamentano della prodigiosa inefficienza con cui gestiamo il nostro patrimonio.
Poi, quasi per caso, compare l’ingresso del museo civico e della cappella. E nella straordinaria bellezza del ciclo pittorico più famoso del mondo, insieme ad una moltitudine di persone che arrivano da ogni parte del pianeta, ci godiamo estasiati il capolavoro di Giotto.
Il problema della segnaletica rimane, ma è un peccato veniale se rapportato alle meraviglie di cui è pieno il nostro sciagurato Paese.
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