Quando mio fratello si è tolto le scarpe per…ballare!
Mia figlia avrà un figlio. Si chiamerà G., come suo nonno, una bella persona mancata all’improvviso.
Bisogna festeggiare. Prepariamo la festa.
Ho 5 fratelli, con relative famiglie. La tribù, in senso stretto, conta 35 (trentacinque!!) elementi.
Predispongo mentalmente la disposizione dei tavoli, prenoto il Karaoke e penso al menù.
La mia è una famiglia di origini contadine: si mangia molto, molto presto, in fretta, badando più alla sostanza che ai fronzoli. Invece nella mia mente, frullano “finger food” multicolori, qualche assaggio esotico e pietanze elaborate.
Poi immagino le facce dei miei fratelli di fronte a queste improbabili proposte e cerco una mediazione: confermo finger food ma li abbino a qualche piatto tradizionale che non incontri strenua opposizione.
La cucina mi rilassa, mi consente di lavorare senza impegnare troppo la mente. Ma il panico, quando si avvicina il giorno della festa, mi assale.
Ci siamo. I tavoli sono preparati. Sono riuscita a dare un posto a sedere a ciascuno degli invitati, bambini compresi. Sul tavolo degli antipasti, capeggiano i miei piccoli bocconcini colorati.
Sembrano un immenso esercito di soldatini disposti in ordinate file in attesa di essere sterminati.
Io sono stremata dalla fatica, in cucina mi piace lavorare da sola, e sono attanagliata dal terrore che l’abbandono della porchetta a favore di una seppure contenuta innovazione, possa provocare una rivolta dei gladiatori.
Arrivano, puntuali come sempre e affamati come lupi. Il tentativo di dare ordine alle operazioni e alla distribuzione del cibo viene in pochi minuti travolto dall’assalto alle portate.
Con mio immenso sollievo, sembra che la cosa funzioni. Le critiche che mi aspettavo non arrivano e sebbene i complimenti siano pochi, perchè sono del tutto estranei al temperamento ed alla natura dei miei familiari, i piccoli contenitori del cibo proposto vengono sistematicamente svuotati.
La musica d’accompagnamento ad un certo punto si eleva di volume e prende il sopravvento. Gli orsi cominciano ad ancheggiare e qualcuno persino a cantare. Il Karaoke era un altro rischio. Ma quando uno dei miei fratelli, forse quello più introverso, sulle note di “You never can tell” (in onore di John Travolta e del suo ballo in Pulp Fiction), si toglie le scarpe e dà vita ad un twist scatenato con la mia figliuola incinta, finalmente l’ansia si scioglie.
La consapevolezza che li amo tutti, uno per uno e che loro amano me, m’invade e mi rende felice.
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