La mia famiglia e…altri animali

La mia famiglia e…altri animali

Adoro gli animali. Mi piacciono tutti. Ho le zanzariere alle finestre fondamentalmente per non dover ammazzare le mosche con le quali, di tanto in tanto, sventolando un giornale, ingaggio epiche battaglie per convincerle ad uscire di casa.
Ho due cani, cinque gatti e tre conigli…quelli che si allevano per mangiare, non i conigli nani.
Mi sono stati regalati di recente e sono diventati un impegno quotidiano.
Alle 7,30 preparo loro una sontuosa colazione con finocchio, insalatina, radicchio, sedano, cicoria, erba di campo…perchè i conigli, badate bene, sono vegetariani, ma soprattutto erbivori!
Ho convinto mio fratello A., che in realtà non condivide la mia passione, ma semplicemente mi vuole bene, a costruire un’enorme gabbia. Non pienamente soddisfatta, in tre giorni di durissima fatica, ho applicato alla struttura in acciaio una rete metallica ricavandone un serraglio di notevoli dimensioni, all’interno del quale le tre bestiole possono allegramente scorrazzare.
Quando, in una giornata di sole, ho aperto l’ombrellone per evitare improvvisi colpi di calore al terzetto, mio marito ha telefonato alla nostra figlia maggiore per dirle che era seriamente preoccupato. Ma il mio compagno in fondo è un brav’uomo.
Qualche giorno dopo, infatti, mentre ero al lavoro, sentendo le urla disperate della badante di mia suocera, con la quale condivido un ampio giardino, è accorso prontamente, scoprendo così che Martina e Carlotta (due delle tre coniglie) si erano date alla fuga e si aggiravano curiose nel cortile di casa. La prima ad accorgersi della fuga, in realtà, è stata mia suocera che, alla vista di un esserino bianco e nero che passeggiava nei dintorni, ha esclamato soave: “Guarda che bel cane c’è nel nostro cortile!”.
La cattura dei due fuggiaschi non è stata semplicissma. La badante, dopo innumerevoli tentativi portati avanti con la tecnica del tuffo sul coniglio, andati tutti a vuoto, ha cambiato strategia costringendo mio marito a presidiare il passaggio verso il quale lei cercava di indirizzare i due animali.
A rendere ancora più frustrante la situazione ci si è messa pure mia figlia minore che, dalla finestra, guardando i due poveretti sudare le proverbiali 7 camicie, diceva: “Tanto non ce la farete mai. Chiamate la mamma!”.
Alla fine i due fuggitivi hanno desistito dal loro insano proposito e si sono lasciati catturare.
Il tutto ha comportato un ulteriore aggravio di lavoro, perchè nei giorni successivi ho dovuto rinforzare il serraglio con un nuovo giro di rete metallica.
Queste e altre fatiche mi pesano poco.
Quando al mattino entro a casa loro a portare il cibo e loro mi corrono incontro mordicchiandomi le pantofole e lasciandosi accarezzare senza timore, mi sento bene e affronto meglio le fatiche quotidiane.
2017-09-12T16:03:24+00:00 Tuesday, May 23rd, 2017|

Quando mio fratello si è tolto le scarpe per…ballare!

Quando mio fratello si è tolto le scarpe per…ballare!

Mia figlia avrà un figlio. Si chiamerà G., come suo nonno, una bella persona mancata all’improvviso.
Bisogna festeggiare. Prepariamo la festa.
Ho 5 fratelli, con relative famiglie. La tribù, in senso stretto, conta 35 (trentacinque!!) elementi.
Predispongo mentalmente la disposizione dei tavoli, prenoto il Karaoke e penso al menù.
La mia è una famiglia di origini contadine: si mangia molto, molto presto, in fretta, badando più alla sostanza che ai fronzoli. Invece nella mia mente, frullano “finger food” multicolori, qualche assaggio esotico e pietanze elaborate.
Poi immagino le facce dei miei fratelli di fronte a queste improbabili proposte e cerco una mediazione: confermo finger food ma li abbino a qualche piatto tradizionale che non incontri strenua opposizione.
La cucina mi rilassa, mi consente di lavorare senza impegnare troppo la mente. Ma il panico, quando si avvicina il giorno della festa, mi assale.
Ci siamo. I tavoli sono preparati. Sono riuscita a dare un posto a sedere a ciascuno degli invitati, bambini compresi. Sul tavolo degli antipasti, capeggiano i miei piccoli bocconcini colorati.
Sembrano un immenso esercito di soldatini disposti in ordinate file in attesa di essere sterminati.
Io sono stremata dalla fatica, in cucina mi piace lavorare da sola, e sono attanagliata dal terrore che l’abbandono della porchetta a favore di una seppure contenuta innovazione, possa provocare una rivolta dei gladiatori.
Arrivano, puntuali come sempre e affamati come lupi. Il tentativo di dare ordine alle operazioni e alla distribuzione del cibo viene in pochi minuti travolto dall’assalto alle portate.
Con mio immenso sollievo, sembra che la cosa funzioni. Le critiche che mi aspettavo non arrivano e sebbene i complimenti siano pochi, perchè sono del tutto estranei al temperamento ed alla natura dei miei familiari, i piccoli contenitori del cibo proposto vengono sistematicamente svuotati.
La musica d’accompagnamento ad un certo punto si eleva di volume e prende il sopravvento. Gli orsi cominciano ad ancheggiare e qualcuno persino a cantare. Il Karaoke era un altro rischio. Ma quando uno dei miei fratelli, forse quello più introverso, sulle note di “You never can tell” (in onore di John Travolta e del suo ballo in Pulp Fiction), si toglie le scarpe e dà vita ad un twist scatenato con la mia figliuola incinta, finalmente l’ansia si scioglie.
La consapevolezza che li amo tutti, uno per uno e che loro amano me, m’invade e mi rende felice.
2017-09-12T16:13:58+00:00 Monday, May 15th, 2017|

Sono le 7 e tutto va bene

Sono le 7 e tutto va bene

Oggi inizio a scrivere e a raccontarvi di me.
Il modo più semplice per iniziare è…cominciare dal mattino.
Mio marito M. alle 7 meno un quarto si alza, accende la stufetta elettrica del bagno (anche d’estate, giusto per non perdere l’abitudine), mi dà l’Eutirox e accende la macchina del caffè.
Alle 7,00 inizia a chiamare M., la mia figlia minore, scandendo il passare dei minuti come quei personaggi che si vedono nei film in costume aggirarsi nelle buie vie della città con una lampada in mano: “Sono le 7 e tutto va bene!”.
Alle 7,07 lei si alza e, prima ancora di accendere la luce, chiede al pover’uomo e in malo modo, un paio di calze nere.
Sembra una maledizione, ma nonostante gli acquisti massicci di calzette rigorosamente nere e corte, nel cesto compaiono solo calze spaiate, spesso bianche, quasi sempre lunghe. Credo non sia una leggenda metropolitana quella che dice che le lavatrici non solo mangiano le calze ma le trasformano nella dimensione e nel colore.
Alle 7,10 inizia un’accurata azione di restauro della giovane rampolla.
Alle 7,20 si verifica il prodigio. Un essere entrato in bagno con gli occhi pesti e i capelli scarmigliati, esce vestita di tutto punto, con trucco e parrucco impeccabili e scia profumata.
D’altra parte, mia figlia ha sempre sostenuto che, nel caso sia destino che debba incontrare l’uomo della sua vita, non importa se in un pullman pieno zeppo di individui male in arnese, lei deve farsi trovare pronta.
Il bagno, in compenso, in pochi minuti è stato devastato e ridotto ad un campo di battaglia: in terra slip, fazzoletti, pigiama e vari capi di abbigliamento ritenuti inidonei. Cipria, terra e fard in varia concentrazione sparsi per i quattro angoli del locale. Temperatura torrida. Profumo…
7,22, ultimo avviso accorato del padre. Io che la rincorro col caffè e lei, 30 secondi prima dell’arrivo del pullman, esce con un grugnito in risposta al nostro “Ciao amore, buona giornata!”.
Per i successivi 5 minuti, sconvolti e con le chiavi dell’auto in mano, io e il mio uomo aspettiamo trepidanti la telefonata che ci comunicherà che la ragazza ha perso il pullman e che quindi dovremo vestirci in fretta per accompagnarla a scuola in macchina.
A suo merito, devo dire che l’infausto presagio non si è mai concretizzato e quindi la giornata… può finalmente cominciare.

2017-09-15T09:27:26+00:00 Thursday, May 4th, 2017|